Mezza sconfitta o mezza vittoria?

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IL NUOVO ENTE DI CONTROLLO PER LA SICUREZZA NUCLEARE

di Mario Signorino

Forse è stato evitato il peggio che si preparava strappando al controllore la sua necessaria indipendenza. Ma la scelta del governo va comunque valutata in modo critico per molte ragioni, a cominciare dall’inutile spreco di denaro.

Tra i sedici decreti legislativi approvati in via definitiva dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 28 febbraio scorso, in attuazione di altrettante direttive comunitarie, ve ne è uno con il quale è stata recepita la direttiva 2011/70/Euratom in materia di gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato.

In generale, il contenuto del provvedimento riflette quello della direttiva e presenta alcuni punti di rilievo ed altri che possono suscitare qualche riserva, almeno per la formulazione. Su tutti potrà essere interessante soffermarsi quando il decreto, già emanato dal Presidente della Repubblica, sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

Ma il punto sicuramente più importante del decreto legislativo è l’istituzione di un nuovo ente di controllo, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, ISIN, che svolgerà le funzioni oggi dell’ISPRA e da esso riceverà la maggior parte del personale che ne andrà a costituire l’organico, fissato entro il limite, non larghissimo, di sessanta unità.

A nostro giudizio, la scelta compiuta dal Governo va considerata, nel suo complesso, comunque in modo critico, sia perché la sottrazione delle funzioni di controllo sul nucleare rappresenta un ulteriore indebolimento dell’ISPRA, che, nel suo assetto e nella sua denominazione originale di ANPA, era stato concepito come uno dei cardini della riforma dei controlli ambientali, della quale gli Amici della Terra sono stati ideatori e promotori; sia perché, in un’ottica di “spending review”, il trasferimento ad un ente autonomo, da costituire ad hoc, di funzioni che avrebbero potuto certamente continuare ad essere svolte all’interno di un ente già esistente, al quale sono affidate ormai da venti anni, finirà inevitabilmente, a regime, col costare di più, al di là delle enunciazioni contenute nel decreto, secondo le quali dall’istituzione dell’ISIN non dovranno derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Si sarebbe pure potuto considerare il fatto che in un paese come l’Italia, dove una riapertura della prospettiva di sviluppo nucleare non è in alcun modo prevedibile, le funzioni di controllo per le quali si istituisce oggi un nuovo ente sono certamente importanti, ma, almeno sul piano quantitativo, sono destinate a ridursi forse anche drasticamente nell’arco del prossimo decennio o poco più.

Fatta questa premessa, c’è da dire che il peggio di ciò che si stava delineando è stato forse evitato, o, quanto meno, limitato in confini entro i quali potrebbero esserne evitati gli effetti pratici.

Lo schema di decreto approvato dal Governo in prima lettura nel dicembre scorso e trasmesso per il previsto parere alle Commissioni parlamentari competenti riproponeva, ancora una volta, il progetto di un controllore posto sotto la tutela, ancorché non esclusiva, del Ministero dello sviluppo economico, vale a dire dell’amministrazione di riferimento dei soggetti controllati.

Era infatti espressamente previsto che L'ISIN fosse vigilato dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente. Era inoltre previsto che la nomina degli organi dell’Ispettorato (il direttore e una consulta di tre componenti) fosse una competenza congiunta del Ministro dell’ambiente e del Ministro dello sviluppo economico.Il tutto, con una formulazione più netta e sbrigativa di quanto non fosse quella con la quale era stata a suo tempo istituita l’Agenzia per la sicurezza nucleare voluta dal Ministro Scajola, poi abrogata dal Governo Monti. Insomma, nel dare attuazione a una direttiva comunitaria si violava apertamente il principio di indipendenza della funzione di controllo che quella stessa direttiva richiama.

Questo aspetto è stato oggetto dei rilievi da parte di tutte le Commissioni parlamentari chiamate ad esprimersi sullo schema di decreto. Gli Amici della Terra, che hanno partecipato alle audizioni congiunte presso le Commissioni Ambiente e Industria del Senato, hanno in particolare concentrato su di esso il loro intervento, ritenendolo dirimente rispetto a ogni altra questione concernente lo schema stesso.

A seguito dei rilievi delle Commissioni parlamentari, il testo finale del decreto legislativo risulta emendato per due punti:

  • è esclusa ogni vigilanza ministeriale sull’ISIN;
  • nella nomina degli organi è stabilita una primazia del Ministro dell’ambiente rispetto al Ministro dello sviluppo economico, nell’ambito di una procedura più articolata, con un innalzamento del rango dell’atto finale: sia il direttore, sia i componenti della Consulta sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri da adottarsi su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, acquisiti i pareri favorevoli della Commissioni parlamentari competenti. In nessun caso la nomina potrà essere effettuata in caso di mancanza del predetto parere espresso, a maggioranza assoluta dei componenti, dalle predette Commissioni, entro trenta giorni dalla richiesta.

L’assenza di una vigilanza ministeriale conferisce all’Ispettorato un carattere diauthority, carattere che sembra confermato dalla procedura di nomina, che riproduce sostanzialmente quella in vigore per le Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità, ed è la stessa anche la durata -sette anni - degli incarichi.

Con queste modifiche rispetto allo schema iniziale, i rischi “intrinseci” per l’indipendenza dell’ente di controllo sembrano attenuati, fermo restando che per l’effettiva indipendenza le garanzie offerte dalla legge sono una condizione necessaria, ma non sufficiente, e che l’indipendenza, come l’autorevolezza, deve poi sempre essere confermata nell’operatività.

Resta tuttavia sempre da chiedersi perché, volendo proprio istituire per i controlli sulla sicurezza nucleare e sulla radioprotezione un nuovo ente, si sia voluto comunque, dopo venti anni, restituire un ruolo, per quanto ridimensionato, all’unico ministro, quello dello sviluppo economico, che nella vita di tale ente non dovrebbe mai poter comparire.